Risale al 2017 la rivoluzionaria decisione della Corte di Cassazione (Corte di Cass n. 11504 del 10 maggio 2017), che ha aperto la strada a un significativo ripensamento dell’ assegno divorzile, superando quella che era stata la concezione indiscussa per circa 30 anni che lo ancorava al tenore di vita matrimoniale. Tale sentenza ha stabilito, in materia di riconoscimento dell’assegno di divorzio in favore dell’ex coniuge, che il parametro da tenere in considerazione sia quello dell’ autosufficienza del coniuge beneficiario e non più quello del tenore di vita goduto in costanza di matrimonio.
L’orientamento della Corte di Cassazione, ripercorre gli orientamenti già emersi nelle linee guida del Tribunale di Brindisi e nelle recenti pronunce del Tribunale di Salerno, entrambi orientati verso una soppressione del riconoscimento all’assegno di mantenimento in favore dell’ex coniuge.
La decisione della Cassazione fa riferimento all’ ipotesi di divorzio, cioè a quelle coppie che già da anni conducono vite separate e per le quali la possibilità di riconciliazione è senz’altro remota. A seguito della separazione, invece, potrà ancora essere riconosciuto un assegno in capo al coniuge economicamente più debole, che però sarà limitato, e volto al diritto primario da tutelare, i bisogni c.d. alimentari del coniuge beneficiario, ma anche il graduale raggiungimento di un’indipendenza ed autoresponsabilità economica dello stesso.
In sostanza è come già accade con i figli maggiorenni: la legge infatti dispone che “il giudice, valutate le circostanze, può disporre in favore dei figli maggiorenni non indipendenti economicamente il pagamento di un assegno periodico”. Il diritto dell’ex moglie a ottenere il mantenimento verrà quindi giudicato allo stesso modo del diritto dei figli.
Che parametro potrà essere preso in considerazione in futuro?
La determinazione dell’assegno divorzile in favore dell’ex coniuge si baserà non più sul tenore di vita goduto in costanza di matrimonio, ma sull’autosufficienza e sull’indipendenza economica del coniuge beneficiario dell’assegno; laddove questo sia “economicamente indipendente” o “potenzialmente in grado di esserlo” (c.d. capacità lavorativa), non gli sarà riconosciuto il diritto al mantenimento. È il principio di autoresponsabilità economica il parametro da utilizzarsi per l’attribuzione e la quantificazione dell’assegno di mantenimento. Il semplice stato di disoccupazione, quindi, non rileva più per ottenere il mantenimento se risulta che il richiedente è comunque rimasto inerte e non ha fatto nulla per procurarsi un’occupazione. Ma anzi potendosi configurare in tali circostanze un illegittimo arricchimento in favore del coniuge beneficiario.
“L’interesse tutelato con l’attribuzione dell’assegno divorzile non è il riequilibrio delle condizioni economiche degli ex coniugi, ma il raggiungimento della indipendenza economica”, in quest’ ottica, è che sono da ritenersi inutili anche “valutazioni di tipo comparativo tra le condizioni economiche degli ex coniugi, dovendosi invece avere riguardo, successivamente al divorzio, esclusivamente alle condizioni del soggetto richiedente l’assegno”.
Cosa si intende per indipendenza economica?
I redditi propri, i patrimoni mobiliari ed immobiliari (conti correnti, investimenti, immobili di proprietà) ma anche le capacità e possibilità effettive di avere un’occupazione, e la stabile disponibilità di un’abitazione.
In definitiva la Cassazione è arrivata a considerare gli ex coniugi come “persone singole” e non più come parte di “qualcosa che è stato”, e ha stabilito che l’assegno di mantenimento verrà riconosciuto soltanto laddove chi lo richieda non sia in grado di procurarsi i mezzi economici sufficienti al proprio mantenimento.
Quali le conseguenze?
Su di un piano fattuale la pronuncia consente di superare l’idea del matrimonio come mezzo per “sistemarsi a vita”. D’ora in poi si potrà beneficiare dell’assegno divorzile soltanto in caso di oggettive e comprovate necessità. Ci saranno più ex che potranno permettersi, non più oberati dal versamento dell’assegno, di costruire una nuova famiglia e di lasciarsi alle spalle definitivamente il passato.
Pronuncia rivoluzionaria in Italia, fanalino di coda rispetto ad altri paesi europei
In Germania, ad esempio, il diritto al mantenimento è limitato ad un solo anno, quanto necessario per “rimettersi in sesto” a seguito della separazione. In Olanda il medesimo diritto dura per un massimo di tre anni; in Romania, l’assegno di mantenimento a favore di uno dei coniugi non è obbligatorio, lo è solo per un anno e solo per gravi condizioni di salute. Ed ancora, in Spagna al coniuge non spetta nessun diritto al mantenimento, l’ex avrà al massimo una somma che gli consente di far fronte alla spesa “alimentare”.
La sentenza del 2017 data la sua portata rivoluzionaria rendeva necessario un intervento delle Sezioni Unite, le quali si pronunciano con la sentenza 18287/2018, formulando il seguente principio di diritto: “Ai sensi della l. n. 898/1970, art. 5, comma 6, dopo le modifiche introdotte con la l. n. 74/1987, il riconoscimento dell’assegno di divorzio, cui deve attribuirsi una funzione assistenziale ed in pari misura compensativa e perequativa, richiede l’accertamento dell’inadeguatezza dei mezzi o comunque dell’impossibilità di procurarseli per ragioni oggettive, attraverso l’applicazione dei criteri di cui alla prima parte della norma i quali costituiscono il parametro di cui si deve tenere conto per la relativa attribuzione e determinazione, ed in particolare, alla luce della valutazione comparativa delle condizioni economico-patrimoniali delle parti, in considerazione del contributo fornito dal richiedente alla conduzione della vita familiare e alla formazione del patrimonio comune e personale di ciascuno degli ex coniugi, in relazione alla durata del matrimonio e all’età dell’avente diritto”.
Quindi il giudice dovrà previamente accertare se vi è e quanto è lo squilibrio economico tra le parti, in secondo luogo valutare se tale squilibrio sia stato causato dalle scelte di vita compiute durante il matrimonio, con sacrificio delle possibilità professionali e di fare carriera di una parte, per poi attribuire grande rilevanza viene attribuita anche alla durata del vincolo matrimoniale.
Sul riconoscimento dell’ assegno di divorzio in favore dell’ ex coniuge torna a pronunciarsi la Cassazione, con la sentenza 11472/2021: “La funzione equilibratrice del reddito degli ex coniugi, anch’essa assegnata dal legislatore all’assegno divorzile, non è finalizzata alla ricostituzione del tenore di vita endoconiugale, ma al riconoscimento del ruolo e del contributo fornito dall’ex coniuge economicamente più debole alla formazione del patrimonio della famiglia e di quello personale degli ex coniugi.”
L’assegno divorzile risulta pertanto connotato oltre che da una funzione assistenziale anche da una funzione compensativa e perequativa. Tale principio viene ribadito inequivocabilmente anche dal Tribunale di La Spezia nella sentenza 62/2021: “La natura dell’ assegno divorziale è composita, assistenziale (fondata sui parametri delle ‘condizioni dei coniugi’ e del ‘reddito di entrambi’), compensativa -perequativa (in considerazione del contributo personale ed economico dato da ciascun coniuge alla condizione della famiglia e alla formazione del patrimonio di entrambi i partner) e risarcitoria.”
Di conseguenza “l’assegno divorzile non spetta a chi disponga di redditi sufficienti a condurre un’esistenza dignitosa e non provi di aver contribuito all’arricchimento dell’altra parte. Il diritto all’assegno divorzile è precluso a chi disponga di redditi sufficienti a condurre un’esistenza libera e dignitosa e che non possa provare di aver fornito un contributo alla situazione di maggiore agio in cui si trovi l’altra parte.” Tribunale La Spezia, sentenza 523/2020.
Per ulteriori approfondimenti si richiama i seguenti ARTICOLI:
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13 risposte
Che differenza c’è tra questa sentenza della Cassazione e la sentenza 11870/2015 sempre della Cassazione?
Buonasera,
sono due casi diversi (qui la moglie lavorava e diceva di non lavorare).
Il principio comunque rimane lo stesso.
Buongiorno, Avvocato Lorenzo Cirri. Per una sentenza di assegno divorzile, datata 1998, c’è la possibilità’ di richiedere la restituzione?Grazie.
Buonasera.
No. La restituzione no.
Ma intanto faccia ricorso con effetti dal deposito del ricordo.
Avv. Cirri
Sono divorziato con sentenza parziale la mia ex moglie ha chiesto 300€ di assegno divorzile…lei non ha mai lavorato ma convive presso casa dei suoi con i miei figli e anche il suo compagno da un verbale di ascolto dei minori ma in un altro processo i miei figli dicono di convivere con i nonni la mamma e il suo compagno, posso fare ricorso per toglierle la 50€ di mantenimento per moreuxorio?
Buondi.
Avrei altre domande da farle ma in linea di massima direi che può farlo!
Salve avvocato la mia ex moglie e andata subito a convivere e di tre figli che doveva tenere cn se ne ha avuto sempre uno gli altri hanno abitato cn me ora mi ha inviato un atto di precetto di 35000.00 chiedendo anche i soldi dei figli che non ha mai avuto con se cosa posso fare?
Buongiorno
Un bel problema!
Avrebbe dovuto chiedere modifica assetto familiare e economico.
Ora è il momento di difendersi.
Mi chiami il 3….
Avv. Cirri
Sono divorziato dò alla mia ex moglie un assegno divorzile di Euro 300 ci tengo a precisare che lei è proprietaria di due grandi appartamenti in uno ci abita nell’altro vive sua madre gratuitamente.posso richiedere la diminuzione o l’annullamento dell’assegno divorzile.
Mia ex moglie proprietaria di due case una labita lei l’altra vive sua madre senza pagare affitto.io le do un assegno divorzile di 300euro e possibile chiedere di diminuirlo. Grazie
Buongiorno,
per valutare se ci sono i presupposti dovremmo incontrarci e analizzare tutti i particolari.
L’assegno non è alto e pertanto prima di spendere soldi in una causa è meglio essere prudenti nella valutazione.
Avv Cirri
Salve avvocato, sono separato dal 2/12/2014 e, dovevo versare la somma di euro 300 quale contributo di mantenimento alla mia ex soli quando lei lasciava la casa coniugale, come disposto dal tribunale. La stessa lasciava la casa coniugale il 2/5/2017, senza però lasciarmi nessun recapito nemmeno un IBAN dove io potessi versare i soldi, inutili sono stati i tentativi di farla ragionare. Il 20/4/2018 la mia ex mi denuncia perché io non versato i soldi. Premetto che la stessa convive stabilmente da più di un anno e mezzo con il suo compagno ove ha preso anche la residenza, lavora con regolare contratto, è proprietaria del 50% dell’ abitazione coniugale e in più ha altre proprietà pro cuore intestate. Cosa posso fare?
Buonasera,
deve trovare subito un avvocato per difendersi !!
Prima possibile…