Casa familiare in comodato
In tema residenza familiare, contrasti frequenti si verificano nella situazione in cui i coniugi o conviventi con il progetto di una vita insieme stipulino un contratto di comodato con i parenti, molto frequentemente i genitori, di uno o dell’altro coniuge o convivente.
Per tale motivo, in seguito alla rottura del rapporto di coppia ed in seguito ad un provvedimento che attribuisce l’immobile ad uno dei due soggetti, è necessario capire se il comodante, terzo proprietario dell’immobile, possa riottenere la disponibilità dell’abitazione nel caso in cui l’assegnatario non sia figlio o parente.
È evidente che la circostanza appena descritta oltre ad aumentare il conflitto familiare porta ad un contrasto tra due posizioni giuridiche opposte entrambe meritevoli di tutela.
Da un lato il coniuge assegnatario dell’immobile convivente con prole minorenne o maggiorenne non ancora autosufficiente che, in seguito ad un provvedimento di assegnazione della casa familiare, ha il diritto di continuare ad abitare l’immobile e dall’altro lato il proprietario titolare di legittimi diritti connessi alla proprietà della stessa abitazione.
Cos’è il comodato?
Il comodato, disciplinato agli artt. 1803 e s.s. del codice civile, è un contratto con il quale una parte (comodante) consegna all’altra (comodatario) un bene mobile o immobile affinchè quest’ultimo possa servirsene con l’obbligo poi di restituirlo. Si tratta di un contratto essenzialmente gratuito anche se non è esclusa la possibilità di far ricorso ad un comodato oneroso a patto che l’onere imposto non sia tale da far venir meno la natura del contratto di comodato.
Al riguardo vi è un primo orientamento che qualifica il comodato di un immobile adibito a casa familiare come comodato precario di cui all’art. 1810 c.c., asserendo che lo stesso rappresenta una convenzione negoziale priva di termine, e che in tal caso il comodante può chiedere la restituzione del bene, ad nutum, con la semplice richiesta, senza che assuma rilievo la circostanza che l’immobile sia stato adibito ad uso familiare ed assegnato al coniuge affidatario dei figli.
Il destinatario del provvedimento di assegnazione può continuare a vivere nell’immobile?
SI, può continuare a vivere nell’immobile. Un orientamento giurisprudenziale contrapposto qualifica il comodato di un immobile adibito a casa familiare un comodato ordinario, in quanto il provvedimento del Giudice di assegnazione dell’immobile al coniuge affidatario, emesso a seguito di giudizio di separazione o divorzio, non modifica la natura ed il contenuto del titolo di godimento sull’immobile, semplicemente determina la concentrazione dello stesso nella persona dell’assegnatario. Il contratto si fonda sul vincolo di destinazione dell’immobile nascente dal provvedimento di assegnazione stesso, fondato sulle esigenze e tutela della prole, che prescinde dalla durata del rapporto coniugale. Ne consegue che il rilascio dell’immobile non può essere richiesto fono a quando perdurano le esigenze abitative familiari a cui esso è destinato, fatta eccezione per i casi di urgente ed imprevisto bisogno, ex art. 1809 co2 c.c., in cui potrà avanzare richiesta di restituzione.
Lo scontro giurisprudenziale culminò con la sentenza della Corte di Cassazione a Sezioni unite del 21 luglio 2004 n. 13603, che con l’intento di dirimere il conflitto affermò che la destinazione dell’immobile a residenza familiare configuri; “ un vincolo di destinazione dell’immobile alle esigenze abitative familiari idonee a configurare all’uso cui la cosa doveva essere destinata il carattere di termine implicito della durata del rapporto, la cui scadenza non è determinata, ma è strettamente correlata alla destinazione impressa ed alla finalità cui essa tende”.
Quale tra il diritto del comodante e quello del coniuge destinatario del provvedimento di assegnazione soccombe?
Con la Sentenza del 29 settembre 2014, n. 20448: le Sezioni Unite hanno risolto “l’impasse” degli orientamenti contrastanti.
In seguito alla formazione di un orientamento definito “contrattualista”, secondo il quale sarebbe possibile per il comodante recedere ad nutum dal contratto di comodato sottoposto alla disciplina del 1810 c.c. definito comodato precario e quindi senza termine di durata, si contrappone l’orientamento “familiarista”, secondo il quale in virtù di un provvedimento di assegnazione della casa familiare, il comodato avrebbe un termine rintracciabile nella durata del provvedimento di assegnazione e per tale motivo la restituzione del bene sarebbe possibile solo in caso di necessità ed urgenza del proprietario.
Le Sezioni Unite aderendo alla tesi “familiarista” hanno affermato che: “il comodatario, o il coniuge separato con cui sia convivente la prole minorenne o non autosufficiente, che opponga alla richiesta di rilascio la esistenza di un comodato di casa familiare con scadenza non prefissata, ha l’onere di provare, anche mediante le inferenze probatorie desumibili da ogni utile fatto secondario allegato e dimostrato, che tale era la pattuizione attributiva del diritto personale di godimento”.
Grava sul comodatario, che si oppone al rilascio dell’immobile, provare l’esistenza di un contratto di comodato che abbia contemplato la destinazione del bene come casa familiare.
Tale orientamento, favorevole alla conservazione dell’ambiente domestico familiare e quindi incline a tutelare maggiormente la posizione del comodatario, ha trovato accoglimento anche in recenti sentenze di merito e di legittimità le quali hanno confermato la necessità di provare che il proprietario abbia voluto destinare l’immobile alle esigenze del nucleo familiare e l’impossibilità per l’erede del comodante di chiedere, in seguito al decesso del comodante stesso, il recesso ad nutum dell’immobile adibito a residenza familiare, continuando a ribadire l’opponibilità del provvedimento di assegnazione nei confronti dei proprietari che avevano concesso il comodato al coniuge non assegnatario232. Da ultimo va segnalato che anche nel caso di convivenza more uxorio dalla quale è nata prole, medesima tutela è accordata alla convivente collocataria dei figli e destinataria del provvedimento di assegnazione.